Per me che vivo lontano dall’Italia da ormai 16 anni, Sanremo é diventato un’importante opportunità di mettermi à jour con l’attualità del mio paese, non solo per la musica ma soprattutto per tutto quello che orbita intorno a questo festival.
Per chi non lo sapesse (sto condividendo questo post con i miei amici norvegesi) il festival di Sanremo non è un festival della musica in genere, ma in particolare della canzone italiana. Scegliendo di utilizzare la parola “canzone” abbiamo già circoscritto il genere musicale protagonista di questi cinque giorni ricchi di eventi.
Le polemiche e le discussioni iniziano già diversi mesi prima, quando gli artisti in gara vengono annunciati, con gran clamore, durante il telegiornale di punta della principale rete pubblica. Questo perché la politica non vede di buon occhio artisti che possano mirare il loro ruolo di agenda setter. Utilizzare i media per veicolare gli argomenti di cui si desidera trattare dietro ai banchi del Parlamento non basta più quando artisti controversi calcano il palco di Sanremo, ed esprimono le loro idee sovversive liberamente (o quasi) davanti a milioni di spettatori.
Durante i cinque giorni di festival, uno share del 60% in media si è ritrovato davanti agli schermi (sia utilizzando tv tradizionali che altre piattaforme di streaming), ed un messaggio veicolato davanti a così tante persone assume un valore estremamente importante, nel bene e nel male.
I temi di quest'anno hanno generato discussioni nelle famiglie, nelle scuole, ai bar. Si è trattato di amore libero, prostituzione, di rabbia, depressione, relazioni in crisi che non si riesce ad affrontare e problemi familiari, tutti temi attualissimi messi in scena da attori (gli interpreti delle canzoni) che molto spesso li hanno vissuti, o li stanno vivendo in prima persona.
Mentre parte della politica si è concentrata a difendere la cosiddetta "decenza", un termine quasi obsoleto, che non saprei nemmeno più definire, dato che nel corso degli anni ha completamente cambiato il suo campo semantico (rendendolo ancora più difficile da difendere), quello che più mi colpisce è che non si dia la meritata attenzione ad un altro argomento, che è emerso violentemente da molte delle canzoni in gara.
I giovani italiani stanno gridando il loro disagio, in un mondo ancora gestito in maniera tradizionale, nel quale loro non si riconoscono, non trovano il loro posto. In molti si sentono sbagliati, non sanno cosa fare della propria vita. La depressione aleggia come un'ombra su di loro, ed anche se lo stanno denunciando a gran voce (soprattutto su TikTok e Instagram, i social più utilizzati dalla fascia sotto ai 30 anni), ho l'impressione che il focus degli "adulti" sia su altri aspetti della loro vita.
I giovani hanno un'attenzione quasi maniacale nei confronti della loro stessa salute mentale, ne parlano di continuo, si sfogano, scrivono canzoni, producono podcast, TikTok, stories, provano a tirarsi su l'uno con l'altro. Vogliono sentirsi liberi, ma al tempo stesso hanno paura di essere giudicati, discriminati.
Tornando a Sanremo, penso che siamo giunti ad un punto dove la musica, ed anche gli outfit più o meno trasgressivi, dovrebbero passare in secondo piano, una volta che il vincitore è stato annunciato, per poi concentrarsi a guardare quello che trapela dal mondo dei più giovani attraverso la lente delle loro canzoni. Includere i giovani in questo festival, che fino a qualche anno fa faceva differenza tra i due mondi, quello dei "big", cantanti già affermati che lo utilizzavano come vetrina per mostrare la loro arte, e quello dei "giovani", che poteva rappresentare un trampolino di lancio per artisti sconosciuti, ha segnato anche un cambiamento di ruolo che non dobbiamo lasciar passare inosservato.
Il festival è oggi più che mai una vetrina della nostra società, per via di quello che accade sul palco ovvio, ma anche per quello che accade dietro le quinte, ed ancora di più per il dibattito che genera nelle stanze della politica e tra la gente comune. Non fermiamoci alle apparenze, alle unghie lunghe di Rosa Chemical o alla rabbia (più o meno orchestrata) di Blanco: rendiamoci conto che per molti è un modo di esprimere il loro malessere, e che questo malessere é diffuso in gran parte della popolazione, soprattutto giovanile. A prescindere dal nostro genere musicale preferito, dovremmo tutti ascoltare cosa hanno da dirci.