Il weekend di Pasqua è diventato da quasi dieci anni sinonimo di festival metal, almeno per coloro che per un verso o per l'altro si interessano di ciò che accade nel nord dell'Europa. Proprio in quei giorni, infatti, ha luogo l'Inferno festival, in una Oslo ancora non del tutto svegliatasi dal torpore invernale. Anche se le giornate si stanno già allungando, il vento gelido ci ricorda che ci troviamo alle alte latitudini, e che la primavera tarderà ancora un po'. La neve non si è neanche sciolta del tutto, intorno ad Oslo, ed il fatto che quasi tutti i negozi rimangano chiusi per le festività pasquali (e che i norvegesi si rintanino in casa) rende la città deserta ed ancora più fredda. Questo cambia però avvicinandosi al sito del festival.
Le zone limitrofe al Rockfeller, venue principale dell'evento, si popolano di gente vestita di nero fin dal mercoledì, quando i sette locali che supportano il festival offrono concerti di bands più o meno note al grande pubblico. 17 bands calcano le scene, distribuite in quella sola sera, la gran parte delle quali ha all'attivo qualche demotapes o nella migliore delle ipotesi un debut album, selezionate nell'arco dei mesi precedenti. Qualche nome tuttavia risulta riscuotere l'attenzione del pubblico, come i Kampfar (che suoneranno di nuovo l'indomani) o i Sarke (al loro primo live show, noti soprattutto per la collaborazione con Nocturno Culto), i Sahg o gli Earth. Un inizio tuttavia in sordina per quello che in realtà si rivelerà essere un festival molto sottotono.
Giovedì, anche se tutto ha avuto inizio la sera prima, è il primo vero e proprio giorno di festival, ma la line up non è delle più emozionanti. Per i fortunati che riescono ad accedere al museo delle navi vichinghe, un'esibizione emozionante dei Wardruna, band folk di Gaahl che sorprende e piace anche agli ignari turisti comuni, che si trovano involontariamente testimoni di un evento inedito. La cornice del museo, costruito attorno alle navi per dare loro maggior risalto, mette in evidenza le sonorità tradizionali della band, che grazie a strumenti tipici ed un cantato che vagamente richiama quello delle tribù sami (o lapponi, come si suol chiamarle in Italia) immergono chi ascolta in un'atmosfera quasi irreale. Secondo evento della giornata sarà la proiezione alla Cinemateket di un concerto inedito dei Darkthrone, registrato per Bootleg, un programma della televisione norvegese di una ventina di anni fa. I giovanissimi Fenriz, Nocturno Culto e compari si esibiscono in un locale quasi vuoto, senza facepainting né contratto discografico, ubriachi e impacciati, ma sarà proprio grazie a quel concerto, come confida nocturno Culto in un'intervista, che la band ottenne il contratto dalla Peaceville.
Ci affrettiamo quindi a raggiungere il Rockfeller, passeggiando per la centralissima e quasi deserta Karl Johans Gaten dai negozi chiusi. Solo un negozio farà apertura continuata durante il festival, ed è il Sound of Noise, con l'anteprima del dvd nuovo di zecca degli Emperor e una scelta tra vinili e cd metal da far invidia ai cataloghi online. Al Rockfeller non c'è fila, e questo già dà l'idea della dimensione del festival. Non dobbiamo però dimenticare che tra tutti i festival metal europei, questo è l'unico che non si svolge all'aperto, e la rodata organizzazione fa sì che le centinaia di fans che raggiugono l'estremo nord non debbano avere nulla di cui preoccuparsi. All'interno della struttura troviamo cibo, bevande (carissime!!), tatuatori, parrucchieri (estremi) e qualche stand di accessori borchiati, magliette e cd. Tuttavia non c'è affatto calca.
Il fatto che i Meshuggah siano costretti ad annullare lo show, per via dell'ernia del disco del batterista Thomas Haake, diminuisce di molto il livello della serata, nonostante i The Batallion si facciano rispettare. La band, che nella scena di Oslo funge da giullare, comparendo all'improvviso nei momenti di crisi a riempire serate rimaste improvvisamente orfane di una band, non è nuova al festival, avendo già suonato all'Inferno nel 2008. Anche i rumeni Negura Bunget avevano calcato le scene del Rockfeller l'anno scorso, e non deludono le aspettative, coi loro strumenti insoliti e i loro tempi tirati. I Kampfar hanno un nutrito pubblico, nonostante abbiano suonato anche la sera precedente, e le loro songs dalle vaghe atmosfere folk apprezzate dai più. A seguire Spetic Flesh e Pestilence, che divenuti, seppur a ragione, gli headliners della serata, lasciano comunque l'amaro in bocca.
Terzo giorno di festival, terza lista quasi imbarazzante di bands. I Vreid, anch'essi reduci dalla performance del 2008, si esibiscono con violenza subito dopo i Dew-Scented, dando un po' di energia ad un festival che batteva la fiacca. Ottima la performance dei norvegesi Pantheon I, che amalgamando velocità e melodia, grazie alla violoncellista, riescono a rappresentare una proposta alternativa, almeno nelle intenzioni, seppur ancora profondamente contaminata dal black metal. I Keep Of Kalessin sono un'altra band molto cara al pubblico norvegese, e anche loro hanno già rodato il palco dell'Inferno. I molti soldi spesi per lo spettacolo pirotecnico, che a dir la verità è stato un elemento comune alla grande maggioranza delle band esibitesi sul palco principale, hanno di sicuro ripagato in termini di spettacolarità (che la crisi abbia ridotto il prezzo dei combustibili è fatto risaputo anche al di fuori del black metal, ma a mio parere il pubblico norvegese gradisce particolarmente fuoco ed esplosioni anche perché da quest'anno i fuochi d'artificio sono stati vietati, e si soffriva sicuramente di astinenza da petardi). Ultima terribile esibizione della serata i Paradise Lost, che completamente orfani della loro verve annoiano i pochi che eroicamente avevano aspettato fino alle 1:00. Tra un concerto e l'altro trovo il tempo di fare un salto al piccolo stage posizionato tra gli stand, dove tra una signing session e la seguente (tra cui Skitliv, Keep of Kalessin e Carpathian Forest) si tiene lo spettacolino allucinante delle Mad Circus Puppets, un gruppo di ragazze vestite con abiti rigorosamente realizzati a mano che ha messo su uno show apposta per l'Inferno festival, e riceve gli apprezzamenti del pubblico stipato nel poco spazio disponibile. Perché quest'anno lo spazio dell'Inferno è poco, gli stands che avrebbero dovuto riempire il teatro adiacente si contano sulla punta delle dita, e le ragazze/marionette soffrono del claustrofobico stage messo a loro disposizione.
Sabato promette bene. Nel primo pomeriggio mi reco, insieme ad altri addetti stampa, nella sede della Indie Recordings HQ, per ascoltare un po' del nuovo cd dei Borknagar, seppur non ancora terminato. I quattro brani, orfani della voce, ci danno subito un'idea delle pesanti influenze power/progressive del lavoro e della alta qualità delle registrazioni, necessaria per rendere al meglio la complessità dei pezzi. Rimaniamo a fare qualche domanda, si parla del nuovo - bravissimo - batterista e della nuova etichetta, la norvegese Indie appunto, che li lascia liberi di gestire il proprio lavoro come meglio credono. Ci spostiamo di nuovo al centro di Oslo, quest'oggi brulicante di persone e turisti, per ascoltare i nuovi lavori di
e 1349. Il cd dei è molto orecchiabile ma a tratti esplode in cavalcate black inaspettate e piacevoli, mentre il cd dei 1349 sembra non riuscire ad ingranare la marcia, risultando, forse volutamente, angosciante.
Raggiungo il Rockfeller in un paio di minuti, giusto in tempo per vedere lo show dei Koldbrann, bravissimi, con un paio di guest singer e spettacoli sputafuoco e pirotecnici da far invidia ai grandi nomi del black. La band norvegese dimostra di avere tutte le carte in regola per essere presto inserita nella lista dei "must have" unitamente ad una buona esperienza live, consolidata dai molti concerti live. La cover di Russian Vodka dei russi Korrozia Metallia, brano con il quale i Koldbrann usciranno a breve, realizzando un 7", chiude la loro ottima esibizione.
Peccato per la death metal band che si esibisce subito dopo, gli Execration, che contrasta in maniera eccessiva e non riesce a conquistare lo scarso pubblico sceso nei locali del John Dee. I vichinghi Helheim invece mettono su un bello spettacolo. Il nome significa letteralmente "la casa di Hel", la divina sorella di Fenris forse sconosciuta ai più ma non ai norvegesi, in quanto condannata a dare il benvenuto a tutti gli esseri umani morti per vecchiaia o malattia. Vestiti come i loro antenati vichinghi associano la musica ai video che vengono proiettati alle loro spalle, con un ottimo, inebriante risultato. I Black Comedy, reduci dal concerto del mercoledì, non sorprendono, ma invece accrescono l'attesa per i Troll, alla loro prima esibizione live.
La band di Nagash, attiva dal 92, si presenta preparata all'evento, anche se un po' immatura, e non manca di deliziare il pubblico, specialmente quello autoctono, che ha atteso per anni questo evento. L'atmosfera creata è molto aggressiva, forse anche troppo, per quelle che sono le peculiarità della band in studio, con la tastiera che a tratti sembra sparire del tutto, nonostante Exilis continui ad agitarsi dietro ai tasti. Nemmeno la suggestiva Når natten endelig er her (Quando la notte è finalmente qua) viene resa alla stessa maniera, ma forse ce lo aspettavamo, dati i gusti sanguinari del pubblico norvegese.
Per quanto mi riguarda la sorpresa dell'anno è il trio svedese Grand Magus, attivi in realtà dal 1996, quattro album realizzati ed un heavy metal classico, pulito ed impeccabile. Un ottimo show, un pubblico entusiasta che sostiene la band alla quale però è riservato il piccolo palco del John Dee.
Subito dopo arrivano i Samael, con un intro coinvolgente e potente, che ci regalano un concerto scatenato che non manca di elettrizzare il pubblico del Rockfeller. Sicuramente uno dei punti più alti dell'intero festival, con continui cambi di posizione di chitarrista e bassista (il quale per qualche secondo non si accorge subito di aver calpestato e disconnesso il jack dello strumento e di suonare perciò a vuoto) e una ragionata scelta dei brani. Un'energia incredibile che dimostra come un'esperienza consolidata non serva solo a dare per scontato il coinvolgimento del pubblico, ma a garantire anno dopo anno uno show impeccabile e distruttivo.
I rinnovati chiudono la serata al John Dee, con qualche estratto del cd che abbiamo ascoltato nel pomeriggio, ma l'attrazione della serata sono i Carpathian Forest, altra band cara ai fan norvegesi, ed al pubblico dell'inferno Festival, dove si sono esibiti già nel 2002 e nel 2006. lo spettacolo inizia in ritardo, ma si fa presto perdonare. Donne svestite con maschere antigas che inizieranno a mimare atti sessuali tutt'altro che impliciti, bandiere norvegesi e un grosso manifesto recitante "fuck you all" fanno da scenografia, mentre la band si esibisce nel migliore e più rodato dei modi, nonostante un Nattefrost evidentemente provato dall'alcool.
L'edizione del 2009 sarà presto messa in archivio, ma resta da chiedersi se davvero il motivo dietro al relativamente basso livello del festival sia davvero la crisi. Molti gli eventi in programma intorno al festival, la conferenza aperta a giornalisti e band emergenti sul marketing nel mondo del metal, il Sightseeing tour ai "luoghi del black metal", come il negozio di Euronymous o la cappella dell'Holmenkollen, rasa al suolo dal fuoco appiccato dal giovane Vikernes, i Wardruna al museo delle navi e le proiezioni a tema alla Cinemateket. Un festival che strizza l'occhio a diversi generi di arte, ma che sembra perdere di vista l'obiettivo principale, cioè la musica. A mio parere un giorno di meno avrebbe giovato al festival, concentrando le band più interessanti in soli tre giorni di festival, ed offrendo le band minori come "after-show" invece di piazzarle a fare da aperitivo. Interessanti le anteprime di Borknagar, e 1349, un'idea sicuramente da ripetere negli anni a venire. Speriamo, in futuro, di vedere l'attenzione di nuovo focalizzata sulla musica piuttosto che sui vari corollari, anche se a mio parere tutti interessanti e di buon livello.
In bocca al lupo.
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