23 March 2013

Riflessione pasquale sullo stato attuale dell'arte.

La prossima settimana sarà Pasqua.

Questa volta nemmeno mi sono accorta che è arrivata. E contemporaneamente l'Inferno, il festival metal di Oslo.
Quello che mi piace dell'Inferno è che ci sono sempre un sacco di band norvegesi (bhe, siamo in Norvegia, mi pare il minimo).
 - logo dell'Inferno festival
In effetti non è proprio scontata sta cosa.

Quando in Italia c'è un festival, l'avere soltanto bands italiane è quasi un punto a sfavore. Forse perchè le band italiane sono mediocri? Perchè l'erba del vicino è sempre più verde (in questo caso intendo le band straniere, ovvio)? O perchè noi italiani abbiamo una strana e perversa tendenza ad essere un tantino invidiosi di chi riesce? E se fosse vero: perchè mai?

Iniziando a riflettere sulla prima domanda - quasi retorica - il talento, fino a quando non si dimostri che si sviluppa meglio in presenza di basse temperature, non ha nazionalità. Non è che essendo nati in Norvegia si è automaticamente più bravi a suonare la chitarra, la batteria o la voce. Statistica dice però che in una terra di cinquemilionidiabitanti (come Roma, più o meno) posso senza pensarci due volte buttare giù una lista di dieci o più band affermate in tutto il mondo. E questo soltanto restringendo il campo al metal. In Italia, che abbiamo circa dieci volte più gente, arrivo a pensare a forse un paio di band, riconosciute fuori confine.

Divento confusa a chiedermi perchè.

Facile dire che in Italia siamo ancora sotto il peso di tanti anni di comunismo occulto, dove la cultura è vista come un difetto di produzione, e trovarsi un lavoro "serio" è ancora un must. In Italia sono ancora in tanti ad avere la mentalità dell'operaio, e pur producendo arte di un qualsivoglia genere, lo si fa raramente per amore, ma più che altro su commissione. Si disegna per un padrone che ci descrive per filo&per segno cosa e come disegnare, si scrive un racconto per un pubblico più o meno mediocre, che si diletta a leggere storie mediocri, e se si suona uno strumento lo si fa per portare a casa qualche quattrino, e si finisce inevitabilmente ad un bivio: continuare a portare a casa dei soldi, e quindi prepararsi un repertorio di cover da suonare in pub, matrimoni o feste di paese, oppure trovarsi un'altra fonte di sostentamento, e suonare il proprio strumento e la propria musica una volta ogni due settimane, rimanendo sempre&comunque mediocri ma essendo allo stesso tempo l'unica possibile opzione per un festival che voglia puntare sulle band locali (low cost). Gira che ti rigira: siamo operai, e produciamo per scambiare con soldi.

Da questo punto di vista potremmo anche accettare la prima ipotesi come veritiera: le band italiane sono generalmente mediocri (con qualche sporadica eccezione), ma non per mancanza di talenti (siamo o no terra di artisti?) ma per mancanza di perseveranza. Per carenza di fiducia in se stessi. Per assenza di persone che ci diano una pacca sulla spalla e ci diano la forza di aandare avanti.

Sì perchè il sostegno degli altri è fondamentale per un animale sociale come l'essere umano. Gli italiani in particolare, che lo ammettano o no, sono un popolo maniacalmente socievole. Ci si riempie di festival del cazzo (licenza poetica) solo per avere un pretesto per stare insieme, e dimenticare quanto male stiamo. L'Italia è sul bordo di un precipizio, non c'è lavoro, l'univerità forma male e a caro prezzo, ma funge piuttosto da long time parking per una massa enorme di giovani che altrimenti andrebbero ad ingrossare le file del collocamento, le famiglie non sono tutelate ed i giovani sono l'ultima ruota di un carro trainato da asini e delinquenti (con buona pace del pio bove di una volta). Il governo, seguendo il consiglio del buon De Toqueville, incoraggia raggruppammenti di persone, per far sì che in qualche maniera il mancato adempimento dei propri doveri venga messo in disparte, almeno per un po'. Basta che si sia conformisti e quanto più lontani possibile dal vaneggiare rivoluzionario. Esteticamente ci si può anche conciare come pagliacci, ma l'importante è che domattina ci si faccia una doccia e si torni a timbrare il cartellino all'ingresso della nostra bella fabbrichetta.

Le band metal italiane non inseguono un sogno, ma sperano di vendere qualche cd per ripagarsi la photosession, dove magari si atteggiano pure, anche se poi il contenuto musicale o testuale dei loro brani è pessimo. Come se una bella cover e delle belle foto (anche qui ce ne sarebbero di cose da dire, specialmente dopo che in tanti ci si improvvisa fotografi, di questi tempi..) potessero mettere in secondo piano il prodotto che si vuole produrre. In fondo però non si fa altro che seguire la via indicata dai nostri predecessori, insegnanti, politici e genitori. Magari poi si invierà il demo a qualche amico che scrive in una rivista altrettanto mediocre, meglio se la ragazza di uno dei membri della band, per avere un sacco di "benebravibis", pur se le song fanno ridere per quel sapore di "fatto in casa". Per non menzionare quanto male si scrive (e si canta) in inglese, dal belpaese. Qualcosa di vergognoso.

Provate ad immaginare un americano che provi maldestramente a cantare in italiano, quanto è comico? O un tedesco, come è che si dice quando gli si fa il verso? Io tetesco ti cermania, pella pampina, o no? O ancora un francese, che parla sempre e comunque con la erre moscia. Ecco, noi siamo così. Siamo comici, e non solo per gli inglesi, ma per il resto del mondo, dato che nella gran parte del resto del mondo si parla almeno un po' di inglese. E la cosa peggiore è che in tanti si è talmente pieni di sè che si crede di essere anche meglio degli altri, perchè magari abbiamo fatto il liceo scientifico, e avevamo pure 8 in inlgese (non per tornare a mescolare nel pentolone della qualità delle scuole italiane, ma il livello scolastico della lingua inglese è davvero vergognoso..), e si boicotta di conseguenza chiunque altro. Non perchè sia peggio della nostra band, ma perchè essendo mediocre tanto quanto noi diventa un concorrente al piccolo posto sul piccolo palco della piccola festa del nostro piccolo paese.

Sì, perchè un altro curioso fenomeno delle band della nostra bella Italia è la ghettizazione. Diciamo che una band si forma , per esempio, ad Isernia, nel Molise più nero. Difficilmente la band si sposterà a suonre in luoghi più remoti che Teramo, Campobasso o al massimo Cassino o Napoli. Questo va senza dubbio addebitato alla mediocrità della band stessa, che riesce ad esibirsi solo in luoghi gestiti da amici/famigiari/compari, che allo stesso tempo accettano di buon grado di lasciar esibire codeste formazioni, per la consapevolezza di riuscire a riempire tre o quattro tavoli in più in una serata altrimenti tranquilla, grazie ad amici, sorelle e famigiari vari dei componenti della band in questione che arriveranno in branco a fare la claque, perchè tra i giovani è ormai uno status symbol poter vantarsi di aver un fratello o sorella, o compagno di merende o cugino di terzo grado che suona uno strumento, pensa che idiota a buttar via tempo e soldi per una chitarra! Però che divertente con un pagliaccio in famiglia!

Quando una band si dedica completamente alla musica, quando un gruppo di persone si incontrano per una coincidenza fortuita e decidono di mettercela tutta per produrre musica di buona qualità, allora da qualche parte un angelo piange, perchè la strada che dovranno percorrere è molto più ardua di quello che si aspettano. Non solo per le ore di pratica dei vari strumenti, non solo perchè un minimo di talento, ovviamente si richiede per riuscire a produrre un prodotto musicale originale, ama soprattutto per tutte le facce disgustate che dovranno far finta di non vedere, per tutte le battaglie che dovranno combattere contro quanti li tratteranno da esaltati, e li boicotteranno anche solo perchè hanno fiducia in loro stessi. Si dice che all'estero sia più facile. Dipende.
Non dalla fortuna, nè dalle persone che si conoscono. Ieri leggevo una "biografia musicale" di una band del sud Italia, dove uno dei musicisti si vantava di essere riuscito ad entrare nel gruppo di persone giuste, senza neanche menzionarle. Che significa? Che anche se sei una merda potresti sfondare dato che conosci le persone giuste? Solo in Italia si sentono ste cose. E lo scrive anche nella biografia musicale, pensa a cosa siamo ridotti (n.b. non sto parlando di una ragazzino quattordicenne, ma di un artista adulto, intorno ai 50, quindi si ipotizza giunto allo stadio avanzato della sua maturazione artistica ed intellettiva..).

Povera Italia.

Per concludere questa mia estemporanea riflessione, io sogno davvero che da qualche parte ci sia anocra qualcuno che ci crede, nel sogno di diventare un artista. Tutti quelli che ho conosciuto nel corso della mia vita si sono piegati alla praticità di una vita senza scossoni, ed alla fine sono morti (in senso aristico), non nel senso che hanno smesso di produrre, ma si sono mummificati in un tunnel di noia e ripetizioni a non finire. A che serve disegnare se tutte le facce sono uguali? A che serve suonare se si suona solo in pub sovraffollati da ubriachi e gente che esce per trovarsi una da trombare? A che serve fare arte, se lo si fa per soldi, e non per passione?

P.s. Tutto quello che ho scritto in questa pagina è solo frutto di riflessioni mie personali, con le quali ognuno ha il diritto di essere o no d'accordo.

19 March 2013

Nonostante tutto.

Lo so che in tanti amate l'estate, starsene pigri al sole, abbronzarsi e bere bibite ghiacciate. Per questo non odiatemi, ma io adoro il freddo!

Ricordo che già da bambina ero affascinata dai racconti di Andersen, la regina delle nevi (che arriva al cinema a Natale, se non ho capito male?) era la mia fiaba preferita, e sognavo la tundra, le betulle e la Luna che si specchiava pallida nei laghi nascosti nel cuore delle buie foreste del nord...

Sognavo le montagne coperte di abeti scuri, il profumo della resina, le volpi che d'inverno cambiano il colore alla pelliccia, la neve. Quando ero bambina non nevicava quasi mai. A volte cadeva un po' di nevischio la sera, quando era ora di andare a letto, ed io guardavo la finestra, verso il grosso lampione che si intravedeva appena, ed addormentandomi speravo di svegliarmi e trovare che la città era imbiancata..macchè! Ricordo che solo una volta in tutta la mia infanzia riuscii a mettere insieme una palla di neve.

Io però amavo la neve, nonostante tutto. Poi, rumorosi, arrivarono gli anni '90 e Burzum e le chiese di legno arse al suolo e tutto il resto, ed il mio primo viaggio in Nord Eruopa fu una vera e propria rivelazione. Era agosto, e dal freddo dovetti comprare una giacca. Guardando il fjordo immaginai di vederlo imbiancato. Una notte, tornando a notte fonda dalla serata in città, (vabbhe che non era proprio buio pesto, ma erano le due di notte) volsi lo sguardo al laghetto che era davanti all'ostello, nel cuore della foresta, e vidi la Luna specchiarsi luminosa. E allora ripensai alle canzoni che cantavo da bambina, alle betulle dalla bella corteccia bianca e liscia, e capii che quei luoghi fantastici della mia fantasia erano reali, quassù. Le casette di legno che si nascondevano tra gli alberi luccicavano di mille lucine che sembravano sorridere, come se davvero fossero abitate da folletti o gnomi, e pensai che era tutto così incredibile, che rimanere lì sarebbe stato fantastico nonosante la lontananza, nonostante le differenze culturali e nonostante la lingua incomprensibile.

Nonostante tutto.


Oggi siamo andati alla montagna. C'era ancora un bel po' di neve, e sotto la neve sentivo il giaccio croccante che scricchiolava ad ogni passo. Il sole se ne stava di traverso, creando dei giochi di luce surreali, ed allungando le ombre verso oriente. Respirai l'aria gelida e mi sentii a casa. Ascoltai il silenzio, mentre qualche uccello cantava da qualche parte nella foresta tutto intorno. Pensai che sono felice, che la solitudine non mi pesa, piuttosto mi ristora, facendomi sentire una persona nuova ogni giorno. Tutti dovrebbero starsene da soli, ogni tanto, per ascoltare la propria voce interiore. Per poter capire dove si vuole andare, senza lasciare che le voci altrui ci condizionino.

A volte ho la sensazione che tante persone siano schiave di quello che gli altri si aspettano da loro, e si vadano costruendo un ruolo soltanto per sentirsi accettati. Essere se stessi è quasi diventata un'anomalia, anche se si va sbandierando che siamo liberi di scegliere, che abbiamo un modo di pensare moderno e siamo up-to-date con i trend contemporanei. La verità è che in tanti sono soltanto pecore. Nè più nè meno, solo pecore.

Si sceglie con cura quale filone seguire per sentirsi originali, come diceva qualche giorno fa una mia amica. A costo di sentirsi originali si diventa inevitabilmente patetici, senza nemmeno rendersene conto, accecati dal desiderio di venerazione di tanti piccoli agnellini, anche loro pronti a diventare pecore, per poi essere fatti al forno a Pasqua, che non manca neanche poi tanto. Come diceva il saggio sommo poeta romano:
è quello che succede ar dittatore 

che cresce de potenza e de valore 

più so' li zeri che je vanno appresso.


Ecco, Trilussa fece una similitudine numerica, io ovina. Poco conta. Ciò che invece ha senso dire in conclusione è che a modo mio nutro rispetto per le persone che riescono davvero ad essere loro stessi, nonostante alla fine non siano accettati dalla massa, nonostante si ritrovino a percorrere la loro strada tutti soli, e magari al freddo e al buio. Ho rispetto per coloro che gridano i peccati della mafia e vengono
sparati in bocca, ho rispetto per coloro che scelgono di dire la propria opinione facendo storcere il naso, che dedicano la propria vita alle loro passioni, senza scendere a compromessi, ma continuando a nuotare contro una corrente che se li trascina indietro. Ho ripetto per tutti coloro che combattono, ma che a volte si fermano ad ascoltare chi la pensa in maniera diversa e sono pronti a farsi autocritica, senza mummificarsi sulle proprie posizioni, senza continuare a rivangare, rinfacciare, rimescolare una minestra sempre più fredda. Ho rispetto per chi va avanti e non ha paura di osare. Ho rispetto di coloro che trasformano le proprie paure in punti di forza, per coloro che hanno una paura matta, ma lo fanno lo stesso.

Nonostante tutto.


NUMMERI
Trilussa

"Conterò poco, è vero"

- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.

È questione de nummeri.
A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.

16 March 2013

Grazie del consiglio, mr Zero.

Seguendo il consiglio di mr.Zero, uno deve sempre cercar di estraniarsi da se stesso, per criticarsi e quindi dare il meglio di sé.



Importante é sempre fare quello che si desidera, fregandosene della società che detta le regole.

Sembra un filosofo. Anche io a volte finisco per fare la filosofa, anche se in fondo non é che voglia indicare la via a nessuno. Lo so che peró a volte suona così.

Pazienza.

Io le cose dentro non ce la faccio a tenermele. Quando le dico in faccia, però, mi dicono che sono spietata. Che strano. Tutti a cercare la sincerità, ma quando poi uno è sincero, poi non va bene nemmeno questo.

Come dice anche la tipa del blog, Susanna mi pare. Le persone sono strane.

Dici che ti piaci? Allora sei piena di te. Se dici che non ti piaci, allora tutti ti dicono che sei patetica.

Ora: io non dico mai che non mi piaccio. Perchè mai dovrei? In fondo lavoro continuamente su di me, seppur non riuscendo a raggiungere tutti i miei obiettivi ogni volta. Almeno ci provo, invece di piagnucolare che tutto va a rovescio.

Sono io o no a fare le mie scelte? E allora chi dovrei incolpare? Berlusconi?

Tutti incolpano Berlusconi. Ormai non puoi farne a meno. È un po' come dire che la Terra è rotonda.

Io invece, quando le cose non vanno bene incolpo me. Per prima. Per non aver fatto abbastanza. Per aver fatto troppo, o male. Per non aver preso delle decisioni in tempo. Senza concentrarsi su quanto stupidi siamo, ma invece provando ad diventare una persona migliore.

A cercare si trova sempre una o più cose che potrebbero essere andate meglio, e allora ce le segnamo e la prossima volta ne facciamo uno diverso, di sbaglio. Prima o poi avremo imparato a fare le cose per bene. A meno che non ci ritroviamo ad avere la memoria corta, e cerchiamo in tutti i modi di ricreare ancora ed ancora le stesse situazioni fallimentari.

Però io voglio diventare una persona migliore. A Pasqua, appena finito l'Inferno, mi vestirò da Pikachu ed andrò a portare dolci agli anziani nelle case di riposo. La mia amica si veste da pulcino, ma io ho sto one-piece giallo che mi hanno regalato, sarà bello inaugurarlo con qualcosa di carino.

Anche io amo, Renà. Anche se non lo dico, che suona sempre "weird" a dirlo.

E il mio cuore si porta dietro tutto, anche se in fondo al pozzo. Quello di the ring, che è meglio che alcune cose se ne stiano in fondo a marcire, dato che i rigurgiti non sono mai benvenuti, con le alghe nei capelli e la carne che si stacca viscida dalle ossa come un pollo in brodo, e invece sono cadaveri.

Siate vivi, che i morti ammazzati non piacciono a nessuno.




10 March 2013

Quasi Primavera.

Arriva piano.

La neve ha iniziato a sciogliersi ed io mi sento piena di energia. Fossi stata in Italia avrei iniziato a fare qualche scampagnata, magari una passeggiata in riva al mare. Qua devo aspettare ancora un po', che ieri abbiamo fatto una passeggiata nel quartiere e le guance bruciavano per il vento ghiacciato che soffiava tagliente. A marzo, in Italia iniziano a spuntare le gemme, fioriscono le mimose, ci si sente già in primavera inoltrata. 

Alcuni iniziano già ad avere allergia ai pollini, ai fiori, ai profumi di una terra che si risveglia. Qua invece tutto arriva all'improvviso, tra qualche settimana. Fuori fa ancora freddino, vado ancora in giro con sciarpa e cappello di lana, e guai a dimenticare i guanti.

Però quest'energia mi ha contagiata, il sole che aumenta di giorno in giorno - ed è fantastico vedere quanto in fretta le giornate si allunghino - mi carica come una batteria attaccata alla presa per ventiquattro ore di fila.

A febbraio eravamo a Roma. Sembra un anno fa, anche se noi già andavamo con la decappottabile spalancata, dato che c'era un'escursione termica di una decina di gradi. Andavamo in giro a cercare la bella vita, noi a febbraio.

In realtà si fugge da noi stessi, quando si scende a Roma. Chi fugge dalla noia, chi fugge dalla solitudine, chi fugge dall'anonimia. Roma è un piccolo paradiso, per noi che scendiamo a fare i turisti.

 - mercati di Traiano - 


Ricordo che non era così quando ci abitavo. Per dieci anni ho maledetto il traffico, i ritardi degli autobus. La gente che urlava e le file interminabili alle poste per pagare un bollettino. L'università, i parcheggi introvabili. Adesso rido delle macchine parcheggiate ovunque, SonoPazziQuestiRomani, mi dico, chiudendo l'empatia nel fondo del mio cuore. Sì perchè in realtà ricordo bene la frustrazione del non riuscire a trovare un parcheggio, la sera dopo un concerto, quando non desideravo altro che tornarmene a casa a dormire, ma non sapevo dove lasciare la macchina. Ricordo che a volte mi fermavo davanti alla spina di pesce di auto che stava dietro casa, parcheggiavo in doppia fila ed aspettavo che qualcuno, prima o poi se ne andasse. Ricordo che mi addormentavo in macchina. La mia bella Renault4 tutta gialla. Che dormite mi ci sono fatta. Non che fosse comoda, ma io ho il sonno pesante. A volte riuscivo a trovare un parcheggio giusto in tempo per correre a casa, farmi una doccia e poi correre a lezione. Fisica teorica. Strano che non riuscissi a concentrarmi, dici?

Ricordo che a volte mi chiedevo se tutto quello non fosse troppo difficile per me. Come se l'aver superato esami come analisi matematica 1 e 2, fisica generale 1 e 2, chimica e tutti gli esami sperimanetali con la media del 25/30 non fosse una garanzia. Magari avrei dovuto dormire di più. Avrei dovuto riconoscere le priorità. Ma ero così ocupata a bruciarmi che tutto il resto andava in secondo piano.

E guardando a quelli che adesso, a quasi quarant'anni, finalmente e pateticamente arrivano a vivere quello che io vivevo a 20, mi sento di stare un passo avanti a loro. Come sempre.

Ricordo che questa riflessione la feci la prima volta a 12, forse 13 anni, ispirata da Cioè, giornale di merda per bambine cerebrolese, che si comprava tutte insieme la domenica mattina. Ricordo che c'era uno speciale sul makeup, dove si svelavano alcuni trucchi del mestiere. Ricordo che alla fine dell'articolo la giornalista consigliava di non esagerare con il trucco, di non voler per forza sembrare più grandi, perchè prima o poi, magari a trent'anni, avremo avuto voglia di tornare indietro, e allora sì che saremmo state patetiche.

Ecco, quello che vedo in giro adesso è una massa di gente patetica, che a quasi quarant'anni se ne vanno in giro con ragazzini di venti anni di meno, per illudersi che gli anni della stupidità giovanile siano tornati, e sono fiera di quello che sono diventata io, invece.

Mi chiederai cosa sono diventata. Bhe, intanto dal nulla mi sono costruita una nuova vita. Un uomo nuovo, un paese nuovo, una cultura del tutto differente che ho incredibilmente fatta mia nel giro di un pugno di anni. Non mi sono ghettizzata, ma integrata al punto che qualcuno mi chiede se non fossi nata qua. A differenza della grande maggioranza di questi innumerevoli immigrati, che spostandosi pretendono di portarsi dietro anche la loro propria cultura, senza accettare di essere ospiti, e di doversi adeguare alle regole del padrone di casa.

Che peccato, vedere sta gente che continua a girare in tondo, senza trovare un senso alla propria vita, senza un progetto, solo tante piccole rumorose distrazioni, per non ascoltare l'urlo della propria anima che pretende attenzione. Che patetici, a trovare piccole insignificanti manie, ad innamorarsi di personaggi da fiction o famosi, come si faceva a 15 anni, per non dover guardare in faccia la realtà. Per non doversi guardare allo specchio, oggi. Oggi che è primavera, e che poi arriva l'estate, e poi l'autunno e l'inverno, di nuovo. Ed allora si faranno i conti con noi stessi, e le nostre manie peseranno come macigni, schiacciandoci come noci, che credevamo di essere così forti e duri, ed invece eccoci in frantumi. L'inverno arriva, prima o poi, ed accorgersi di non aver messo da parte abbastanza cibo da riuscire a sopravvivere ci farà fare la figura dei coglioni. 

Winter either bites with its teeth or lashes with its tail.
 - quasi primavera - 
Quindi, siate preparati, tutti quanti.