25 August 2009

REPORTAGE: WACKEN 2009


WACKEN 2009


intro
Wacken è una città piccola piccola ad un centinaio di chilometri da Amburgo, immersa nel verde, con mucche pezzate che pascolano tranquille e grossi generatori dalle pale bianche che sfruttano il vento che soffia forte per dare energia elettrica pulita. Questo idilliaco paesello conta meno di 2000 abitanti e per pochi giorni ha visto 75000 persone transitare per le sue vie. Non si tratta di persone normali, ma metalheads che si riuniscono per quello che è il maggior festival metal d'Europa. Come potrebbe essere altrimenti? Wacken Open Air è ormai diventato un appuntamento irrinunciabile, un'occasione per ritrovare vecchi amici e fare nuove amicizie, col comune denominatore della musica. Da vent'anni.

Sì perchè nel 2009 ha festeggiato il suo ventesimo compleanno, e nonostante l'età si fa ancora rispettare. Una bella line up, un'organizzazione che non fa una piega e tanti eventi alternativi ai concerti fanno del festival un'esperienza a 360 gradi, anche se la musica è protagonista dalle prime ore del mattino alla tarda sera, quando il vicino di tenda non decide di improvvisarsi dj per l'intera nottata, come è capitato a me: il suo repertorio di musica folk crucca avrebbe fatto invidia ad un pub di Monaco in piena Oktoberfest, e le mie gelide notti insonni rimarrano per sempre scandite nel ricordo da quel terribile sottofondo musicale. Ma Wacken è anche questo, e ci piace anche per questo.








primo giorno

Arrivo a Bremen ad ora di pranzo, salto sul tram che mi porta alla stazione e poi sul treno per Hamburg, dove già si respira aria di festival. In tantissimi hanno iniziato il pellegrinaggio e mi basterebbe seguire il fiume nero per raggiungere la mia destinazione. Divido un biglietto del treno con gente conosciuta sull'aereo - la crisi è arrivata ovunque - e finalmente prendo posto nella navetta che ci porta dalla stazione al sito del concerto. Non c'è musica all'interno del bus, ma qualcuno ha pensato di portarsi dietro uno stereo, e già si fa headbanging. Una mezz'ora ancora ed ecco il cartello giallo. Siamo arrivati. Una lunghissima passeggiata fino al check in e finalmente siamo dentro l'enorme area parcheggio. In un sms le indicazioni per trovare la tenda (gentilmente offerta da Manux - you rock, my friend!!) ma nel mezzo della ricerca ci ferma un temporale. Arriva il buio, ancora la mia sacca verde militare sulle spalle e i concerti che iniziano a farsi sentire dagli stage mi convincono a provare ad entrare comunque. L'omone della security dà un'occhiata frettolosa al mio pass e mi lascia entrare, con sacca e tutto. I Lacuna Coil hanno già iniziato a suonare e mi faccio strada a fatica tra la folla. Molti i brani del nuovo album, una bella atmosfera tra il pubblico. Cristina che seduce con la sua voce - e non solo - il folto pubblico accorso allo show e i brani che scivolano via uno dopo l'altro, tutti tratti dagli ulimi tre lavori danno un'esibizione soddisfacente anche se forse qualche vecchia chicca avrebbe fatto felici i fans che come me ricordano con le lacrime agli occhi senzafine al wacken del 2001.
dopo l'omaggio, ormai classico ai Depeche Mode, e qualche altra song il concerto finisce, in perfetto orario. Tutto fila liscio, io trovo la mia tenda ed il primo giorno a Wacken è passato. Mi addormenterò purtroppo solo quando la luce del sole inizierà a riscaldare la mia tenda, e quindi a scongelarmi.





secondo giorno

Riesco a farmi una doccia ed a mangiare una donut al cioccolato prima delle 11:00, il che significa che sono davanti al palco in tempo per vedere tutta la performance dei Napalm Death. Nonostante siano svegli da poco sprigionano un'energia impressionante, e liberano in fretta dal torpore lo stordito pubblico, che si scatena anche in un pogo allucinante. Un'ottima performance. Mi sposto poi al palco accanto, dove in pochi minuti suoneranno gli UFO. Non li avevo mai visti dal vivo e sono perciò piacevolmente sorpresa. Con un Phil Mogg in gran forma gli inglesi ci regalano uno show strepistoso e coinvolgente, che attira a sè un gran pubblico, sicuramente meno scalmanato di quello dei Napalm ma ugualmente partecipe.

Giusto il tempo di bere una birra e fare un giro per gli innumerevoli stands e torno al Black Stage, dove i Walls of Jericho inizieranno tra poco a suonare. Una gran folla si sta già radunando e non riesco perciò a farmi avanti. Rimango ad ascoltare per un po' la scatenata Candace, seguendo lo show dagli schermi. La band merita sicuramente, data la energia esplosiva che riesce a sprigionare. Una cantante molto diversa dalla Cristina che ho visto ieri sera, Candace è piena di energia e cattiveria e tiene il palco alla pari di un cantante hardcore di sesso maschile. Mi sposto quindi al Party Stage per vedere i Tristania. Per chi non lo sapesse un'altra ragazza italiana presta la sua voce alla band e c'è da andarne orgogliosi, perchè la band offre uno spettacolo eccezionale, Mariangela inclusa. Alla chitarra una session girl, dato che Østen è rimasto in Norvegia per essere accanto alla moglie che sta dando alla luce due gemelli, ma il risultato per chi ama la band è ugualmente soddisfacente. Alla fine dello spettacolo salgo sulla torretta Jagermeister, dalla quale posso vedere entrambi gli show di Airbourne e Dragonforce, anche se i volumi provenienti dai due stages si sovrappongono. Sono tuttavia molto più interessata allo show degli Airbourne, molto energici e dai suoni aggressivi, che si impongono sicuramente sia come presenza scenica che come atmosfere. Anche il pubblico sembra preferirli. La inimitabile performance di Joel O’Keefe che si arrampica senza protezioni, nè preavviso, sul telaio del palco, fino ad arrivare al punto più alto possibile, e da lì continuare a suonare come se nulla fosse, per poi pendere sopra a decine di metri di vuoto, rimarrà sicuramente negli annali del festival, e mi dà una scossa di adrenalina.
Mi affretto quindi al tendone del Wet Stage per vedere i promettenti Bring me The Horizon dell'eclettico e poliedrico Oliver Sykes, che ha anche lanciato una linea di abbigliamento alternativa - che la mia amica Lone indossava orgogliosa ;) You rock, girl! -. Non rimango delusa, la band picchia gli strumenti e Oliver emana fiamme dalla laringe, mentre un pubblico assatanato sfinisce gli addetti alla sicurezza.
Raggiungo quindi il mio amico Tarald e ci guardiamo insieme l'ultima parte dello show dei Coheed and Cambria prima di avventurarmi verso i Motorhead, impresa peraltro impossibile dato che gran parte dei 75000 presenti ha deciso di rendere omaggio a Lemmy e compari. Riesco tuttavia a scattare qualche foto, Lemmy ha il suo inseparabile cappello da cowboy in testa, i suoi bei baffoni scuri e la sua voce gracchiante da alcolizzato. La band è strepitosa, il pubblico impazzisce e tutte le canzoni vengono urlate a squarciagola, con il batterista che si esibisce in un assolo lunghissimo ed incredibile. Mentre il concerto finisce scivolo nel backstage, ceno con patate fritte e birra e dò un'occhiata alle prelistening in programma il giorno seguente, valutando se seguirle o no. Torno al tendone solo per vedere i Sarke di Nocturno Culto, che mi sembra un po' ingrassato dall'ultima volta che lo avevo visto, all'Inferno festival dello scorso aprile. Forse è la stanchezza. Il tendone del Wet Stage è strapieno e guardo il concerto dal fondo. Inconfondibili le armonie di classica influenza black tanto care ai norvegesi, inconfondibile il cantato aspro e gelido di Nocturno Culto. All'improvviso, come promesso, Tom Gabriel Fisher (ex Celtic Frost) sale sul palco insieme alla band, e l'atmosfera si fa ancora più nera. Nel frattempo sono quasi le due di notte e sfinita raggiungo la mia tenda. Il dj della tenda accanto ha già iniziato a suonare. Cosa sarebbe una vita senza certezze? Un'altra nottata in bianco mi attende.







terzo giorno

Addormentatami al sorgere del sole riesco ad uscire dalla tenda solo dopo mezzogiorno, e mi vado a mettere in coda alla doccia. La pioggia dei giorni precedenti ha reso fanghiglia tutta l'area, e per tutta la giornata precedente si è cercato di evitare le pozzanghere profonde dieci centimetri e le zone di melma molle che incollandosi alle New Rock le rende ancora più pesanti, facendo aumentare la difficoltà di deambulazione - come se ce ne fosse stato bisogno.. -.
Il primo concerto della giornata sarà quello dei Cathedral. Oscuri come non me li ricordavo riescono ad incupire un inizio di giornata che in realtà si preannunciava contraddistinto dal buon umore. Inoltre i Kampfar annullano lo show per dei non meglio specificati problemi familiari, e quasi mi innervosisco. Per fortuna il prossimo concerto sarà quello dei Testament. Uno spettacolo grandioso, una grinta d'altri tempi ed un'ottima occasione per far guadagnare il pane ai muscolosi tipi della security. Il loro trash coinvolge e trascina il pubblico, ed io sono piacevolmente sorpresa dalla prestazione della band. Mi fermo a dare un'occhiata agli Heaven Shall Burn, e sono quasi travolta da un disumano ed indiavolato circle pit attorno alla torretta del mixer, preannunciato dalla fuga terrorizzata di quanti non avevano alcuna intenzione di mettersi a correre in circolo. Mi sposto al Party Stage giusto un paio di minuti prima che i Borknagar salgano sul palco, e riesco tuttavia a guadagnarmi un posticino in prima fila. Il bassista fa paura e la band si esibisce in un'ottima performance di brani sia classici che tratti dal loro nuovo cd, la cui uscita è in realtà stata rimandata all'autunno, ma che io avevo già ascoltato in versione strumentale in occasione della pre-listening dell'Inferno, ad aprile. Dal vivo suonano molto meglio, e la grinta della band è sicuramente un punto a loro favore, soprattutto il piccolo e incazzatissimo svedese. Faccio poi una capatina al tendone del Wet Stage per vedere i messicani Split Heaven. Giovanissimi, un cantante dalla voce esagerata, che se sembra un narcotrafficante in vacanza, una brutta copia di Kirk Hammett e un ragazzino brufoloso alle chitarre insieme al bassista e al batterista sono la rivelazione dell'anno, almeno per quanto riguarda me.
A questo punto giunge l'ora di dare un'occhiata ai diversivi, gli stand vichinghi, dove degli esaltati gareggiano a buttarsi nel fango seduti a cavalcioni di un tronco e delle ragazze in abiti tipici invitano alla degustazione di distillati locali. Ceno con l'immancabile crepe con la nutella per accompagnare una birra e vado a sedermi al Beere Garden, tra ubriachi precipitati al suolo con la faccia nel loro stesso vomito e le signorine Promille che se ne vanno in giro misurando tassi alcolici e distribuendo certificati di ubriachezza ai soddisfatti avventori, mentre il veterano Mambo Kurt ci intrattiene con i suoi spregiudicati remix (era ironico, eh...). A questo punto gran parte dei 75000 presenti si sta radunando per seguire i prossimi concerti, il sole sta tramontando e io sono finita. Mi sforzo ad andare a vedere i Korpiklaani, ma non riesco nemmeno a percorrere metà della enorme area concerti, affollata all'inverosimile. Perciò mi fermo sul basso scalino di uno stand e guardo da lontanto lo sfavillio delle luci del palco, cullata dalle atmosfere folk della band. Quando il mio stanco cellulare segna le una e mezza mi avvio alla tenda, orfana della mia amica norvegese, ingoiata dall'oblio un paio d'ore prima. La trovo, per fortuna, rannicchiata sotto il sacco a pelo, rimpicciolita dal freddo della notte e della sbornia. Mi approprio del mio 50% di sacco a pelo e mi addormento. I tedeschi non stanno giocando a fare i dj. Che siano finalmente morti?





Il ritorno

Tornare a casa dal Wacken fa sempre schifo.
I tipi che fino a qualche ora fa stavano correndo intorno alla torretta del mixer aspettano il treno strangolati dall'hangover. Qualcuno è talmente arrabbiato che prende a calci tende e sedie a sdraio, oppure appicca fuoco alla sua propria auto, come i musicisti che spaccano i propri strumenti. Io invece perdo l'aereo. Uff. L'aereoporto di Bremen è piccolo e pulcioso, la città pullula di bancarelle di souvenir e dopo aver incontrato l'ennesima riproduzione dei famigerati musicanti locali (cane, gatto, gallo e somaro) decido che il giro turistico può bastare e me ne torno ad aspettare l'aereo del giorno dopo. Quando il boeing 737 atterra a Oslo sento una voce gridare "Wacken!", e mentre tutti gli altri pensano ad un attentato kamikaze io esplodo a ridere, perchè io so che quella parola può solo significare che l'anno prossimo ci torniamo. Rain or shine.

PEOPLE OF WACKEN