Grazie ad internet, alle volte ci si trova a parlare con delle persone che avevamo dimenticato.
Accade di stare lì a ricordare eventi, che magari hanno lasciato un segno profondo in noi, come un taglio di coltello, e scoprire che l'altra persona invece non ricorda nulla, o solo pochi dettagli. Dopo aver sgomberato la mente dal dubbio che la suddetta persona non abbia voglia di parlare con noi dei tempi andati, per uno o più motivi che ci risparmiamo di indagare, ci ritroviamo alla fine a dubitare che tutto sia davvero accaduto, o che sia stato così forte come il ricordo ci fa credere.
Ed allora sorge il dubbio: e se tutto fosse accaduto così violentemente solo dentro di me, mentre all'esterno il mondo e le persone che avevamo accanto fossero invece interesate a tutt'altri avvenimenti? Quanto possiamo fidarci della nostra memoria? Quanto il subconscio ritaglia, colora, dona senso ad eventi che abbiamo percepito?
Quanto forti sono state le emozioni, quanto più o meno forti diventano col passare degli anni?
Insomma: quanto di ciò che ricordiamo è davvero accaduto così come ce lo ricordiamo, e quanto invece è stato aggiustato dal nostro subconscio, per rendere il tutto accettabile?
Tante domande, e trovo difficile rispondere ad ognuna di queste. Per anni ho riposto ricordi ed eventi, ma alle volte tutto riaffiora, io seduta su un tronco d'albero caduto, nel mezzo della bella Villa Borghese. Io da sola in piena notte sulla scalinata di Piazza di Spagna, io che siedo ad una tavola di un piccolo e buio appartamento di viale Manzoni, mentre mi porto alla bocca un cucchiaio di minestrone riscaldato, e quella donna mi guarda, la sigaretta in mano, senza sapere cosa dire. Ed io che mangio e piango, consapevole di aver appena preso una decisione che cambierà drasticamente la mia vita e che non potrò più tornare indietro, consapevole che quella è probabilmente l'ultima volta che parlo con la ragazza che siede accanto a me. Che tra un po' usciremo per Roma e dopo di questo non ho idea di cosa accadrà.
Ricordi che sbiadiscono, e come in un dipinto di Dalì vengono deformati nei loro contorni, fino ad assumere forme inconsuete, ma domate dal pensiero, per donar loro un'aura amichevole, per affievolire il dolore che al tempo ne era una parte fondamentale.
Magari è solo indice del fatto che ne ho accumulati tanti, di ricordi, e mi piacerebbe poter fare ordine. Ricordo tante facce, innumerevoli emozioni. Pochi nomi. Ancora meno cognomi. Ricordo melodie a cui non so dare un nome, ricordo l'emozione provocata da melodie che non saprei più neanche accennare. Ricordo un'intera vita, che mi sembra così lontana ed estranea da dubitare che sia accaduta davvero. Ricordo una vita alla mia città, poi un'altra, e poi un'altra ancora. Ricordo i traslochi, e questo mi aiuta a mettere ordine tra tutte le amicizie, le facce, gli incontri che come in un turbine girano tutto intorno.
Per questo mi piace fare fotografie. Basta vedere una foto che tutto il resto segue come una valanga di neve. Ancora di più mi piace guardare le fotografie, specialmente quelle in bianco e nero, quelle che ritraggono un mondo che non esiste più. Anche se in quel mondo c'ero anche io. Quello in cui io vestita da David Crockett lancio dei coriandoli, che mi sembra solo pochi giorni fa, quella in cui mio fratello piccolo piange con la bocca spalancata ed io che provo a farlo smettere, che ci scattano la foto.
Già da piccola avevo un'aria da "nun me fate incazzà" |
A volte Kenneth si chiede che fine abbia fatto quella bambina piccola che teneva in braccio, sua sorella. Anche se alle volte ci vediamo con la lei adulta, è come se lei e quella bambina siano due persone distinte. Ed anche io mi ritrovo la notte a sognare di portare in braccio mio fratello, di nuovo bambino. Dov'è il punto di rottura tra questi due mondi? Sono davvero due mondi separati, anche se in fondo l'uno il proseguimento dell'altro? Quello che più mi spaventa però è un'altra cosa.
Come accennavo, alcuni eventi hanno lasciato in me un segno profondo, anche se semplici emozioni, ad esempio ho un ricordo rinfrescante e piacevole di quella volta in cui io ed una mia amica, una sera di una ventina d'anni fa, siedevamo in due su un motorino a pedali, un Sì scuro, che non ricordo fosse mio o suo, io guidavo e lei sedeva dietro di me, nessuna di noi aveva il casco e cantavamo una cantilena stupida ripetendo la parola pecorella, chissà perchè. Questo stupido ricordo, ad esempio, che in me ha lasciato un segno, e che lei probabilmente non ricorda. Quante delle mie azioni, o frasi pronunciate magari a mezza voce, quante di queste cose al tempo insignificanti, hanno poi lasciato un segno in qualcun altro, un marchio positivo o negativo che sia, che io ho poi dimenticato mentre in queste persone quel marchio è cresciuto, si è modificato, ha assunto forme diverse, andando ad associarsi ad emozioni ben definite, magari differenti da quelle provate quella sera. Quanto male ho fatto, e nemmeno me ne sono resa conto? E poi: quanto male ho fatto senza che la mia mente ritenesse opportuno prendere nota?
A ben pensarci è una responsabilità enorme, distribuire segni, marchi, senza rendersene conto anche se lo facciamo di continuo, in ogni momento della giornata, ogni giorno, ogni qualvolta entriamo a contatto con qualcuno. Ogni volta che usciamo dalla vita di qualcuno. Magari la maggior parte delle persone se ne fregano e vanno avanti. Altre, invece, no. Pensa quanto questi giochi di relazioni concorrono a plasmare la nostra psiche, quanto siamo animali sociali, anche se a volte non vogliamo ammetterlo nemmeno a noi stessi.
Per concludere questa digressione sulla veridicità dei ricordi, vorrei poter concludere con un invito a me ed ai miei lettori. Lasciate che il passato sia tale. Amori finiti non tornano, amicizie dimenticate non riemergono dalla cenere per miracolo. Benvenute alle nuove amicizie, benvenuti ai nuovi amori. Benvenute alle vecchie amicizie basate su nuove premesse, ai vecchi amori che tornano sotto inusuete spoglie. A volte ci si incontra dopo del tempo, e si può scoprire che anche percorrendo strade differenti ci si trova ad avere cose di cui parlare, anche a distanza di anni. Altre volte invece ci si guarda e di quello che c'era prima non è rimasto nulla, ci si parla al telefono e si sbadiglia a sentire sempre le solite balle, dopo decine di anni. La conclusione in pratica dovrebbe essere: non lasciare che i ricordi e le esperienze passate abbiano eccessiva influenza nelle decisioni che prendi. Non lasciare che il c'eravamotantoamati abbia la meglio sulla tua consapevolezza del presente. Segui sì il tuo cuore, ma prima rendilo scevro di passate malinconie.
Non ti fidare dei ricordi, che magari il tuo subconscio ha aggiunto loro un bel makeup. Non di fidar di vecchie lettere, di vecchi sms, brucia i ponti. Tieni dei diari. Fai delle foto, tante foto, incredibilmente tante foto. Poi guardale e magari buttane la maggior parte. Tieni solo quelle in cui ti riconsoci, quelle alle quali sai dare un senso senza indecisioni. In fondo anche la storia è scritta da chi vince la guerra, quindi: vinci la tua guerra. Scrivi la tua storia, proprio come la vuoi ricordare, che dopo qualche anno diventerà realtà.
Ok. I'm fucked up.